L’unificazione all’Italia avvenne nel 1918, ma tale annessione retrocesse Trieste al ruolo di “porto qualunque”, avendo perso, una volta svincolata dal contesto mitteleuropeo, la sua unicità.
Il secondo conflitto mondiale comportò la perdita delle terre della penisola Istriana, e della costa dalmata, passate alla neocostituita Jugoslavia, e la storia della città in quel buio periodo, è caratterizzata da numerose e tristi vicende, leggi foibe, molte delle quali gettano ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, oscure ombre. La sorte della città, pretesa dalla Jugoslavia, rimase incerta per lungo tempo: in attesa di definizione, l’entroterra venne diviso in due parti, l’una amministrata dagli angloamericani e l’altra dagli jugoslavi. Nello specifico, la città fu soggetta all’amministrazione alleata con la costituzione del Territorio Libero di Trieste. Solo nel 1954, con la firma del Memorandum di Londra, Trieste e il suo entroterra furono definitivamente restituiti all’Italia.
Ma il periodo buio non finì: invecchiamento della popolazione, industria in crisi, e così via. Ci fu lentamente la nascita di nuovi orizzonti, e poi ci fu il dissolvimento dell’exJugoslavia, che tra l’altro comportò una crisi del commercio.
Ora Trieste ha un compito più importante: i popoli veneti sono sì divisi, in Europa, fra tre stati nazionali, ma l’abbattimento delle frontiere, fra poco sparirà anche quella croata, pone Trieste al centro gravitazionale, cultura, trasporti e così via, presente ora solo in embrione. Venezia resta la memoria storica, ma Trieste può rappresentare il presente economico dei popoli di quest’area. Ora che non ci sono più ideologie guerrafondaie, non a caso i veneti hanno accolto sempre i foresti, dai romani in poi, ci può essere nuova vita e nuova linfa per questa parte delle Venezie e del Veneto nella sua totalità e per i vicini popoli.
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