giovedì 10 dicembre 2020

IL FOSSO DI CANEPA a San Marino

  L’ area del Fosso di Canepa è una delle aree più verdi del territorio Sammarinese caratterizzata dall’ alternarsi di rilievi boscosi e fossi impervi. Di particolare interesse è la Grotta di Canepa che fa parte del sistema carsico e tettonico del Monte Titano. I mulini lungo il Torrente San Marino facevano parte di un sistema di sei mulini molitori che si passavano l’ acqua l’ un l’ altro e che oggi assumono un prezioso interesse archeologico industriale. Nelle vicinanze troviamo la piccola chiesetta abbandonata di Cà Centino che fungeva come luogo di incontro per i contadini e i mugnai.

 

CHIESETTA DELLA MADONNA DI CA’ CENTINO:

La chiesetta della Madonna di Cà Centino non era solo un edificio dedicato al culto, ma anche un luogo di aggregazione per chi lavorava e viveva nella campagna circostante e lungo il fosso dei mulini. La chiesetta è a semplice pianta rettangolare coperta da un tetto a capanna e vi si accede tramite una scalinata che conduce ad un porticato retto da due pilastri quadrati. La porta d’ ingresso è di forma rettangolare fiancheggiata da due semplici finestre; un’ altra apertura è posta sopra il porticato. L’ edificio è interamente costruito in pietra , ma le pareti sono intonacate. All’ interno troviamo l’ altare collocato circa 1/3 della navata unica posto davanti all’ abside rettangolare. La copertura è a capriate lignee e il pavimento in cotto. Con l’ allontanamento dai campi e la chiusura dei mulini, la chiesetta è stata abbandonata e oggi la troviamo in una condizione di degrado.

 

FLORA:

Attraversando il Fosso di Canepa si può godere di un paesaggio naturalistico suggestivo e rigoglioso. Le alte sponde del fiume sono circondate da noccioli, aceri, cerri, ornelli e caprini che con le loro chiome formano una galleria naturale. Proseguendo lungo l’alveo, tappezzato di edere e muschi, si apre l’ingresso alla Grotta di Canepa che presenta molti aspetti interessanti dal punto di vista geologico e biologico, infatti essa è una risorgente fossile collegata con tutto il sistema carsico e tettonico del Monte Titano e facente parte di un complesso sistema ipogeo. Purtroppo, quest’area è gravemente danneggiata dal passaggio delle tubature dell’acquedotto che deturpano il paesaggio e ne alterano l’equilibrio biologico ed ecologico.

 

MULINO CAPPICCHIONI – REFFI:

Mulino Capicchioni - ReffiSecoli XVIII – XIX – XX

Stato: abbandono

Nel catasto Santucci del 1822 – 1825 questo mulino viene definito casa con corte e molino da grano a due ruote e ingulchiera.

E’ una struttura articolata su tre piani con cinque vani ed è l’edificio più complesso tra i mulini del Fosso di Canepa.

Le murature sono in pietra e sassi di fiume legati con malta di calce.

 

MULINO CAPPICCHIONI – REFFI:

Mulino Capicchioni - Reffi Secoli XVIII – XIX – XX

Stato: sede associazione speleologica sammarinese

Nel catasto Santucci 1822 –1825 questo mulino viene definito ad una ruota con corte e canale del molino.

E’ una struttura articolata su quattro piani con sette vani ed è quello conservato meglio.

Le murature sono in pietra e sassi di fiume intonacate con rustico di cemento.

In seguito venne ampliato aggiungendo un vano per la cucina e uno per il bagno in cemento armato.

 

 

MULINI DELLA GREPPA:

Stato: testimonianza archeologica industriale/ abbandonato

Nel catasto Pelacchi del 1775 – 1777 questi due mulini vengono definiti ad una ruota ciascuno.

E’ una struttura articolata su due piani rettangolari in due diversi edifici posti in prossimità della cascata.

Le murature sono in pietra intonacate con uno strato di rustico di cemento e presenta un portico antistante l’ ingresso.

 

 

 

MULINO DI BOTTACCIONE:

Mulino BottaccioneSecoli XVIII – XIX – XX

Stato: testimonianza archeologica industriale.

Nel catasto Pelacchi del 1775 – 1777 questo mulino viene definito selva con molino detto il Bottaccione per il grande bottaccio che interessava tutto l’ alveo del Fosso di Canepa.

E’ una struttura articolata su tre piani più un portico esterno.

Attualmente l’ edificio si presenta come un unico vano a cielo aperto in seguito al crollo del tetto, del solaio e del portico.

Le murature sono in pietra a conci irregolari e ciottoli di fiume “ faccia a vista” legati con malta di calce.


MULINO DELL’ OVIERA:

Mulino OvieraSecoli XIX – XX

Stato: Rudere

Nel catasto Cantucci del 1822 – 1825 questo mulino viene definito molino ad una ruota.

È una struttura articolata su tre piani con tre vani a pianta rettangolare ed è in uno stato di degrado molto avanzato dovuto al crollo del tetto.

Le murature sono in pietra intonacate con uno strato di rustico di cemento.

 

( da https://www.cattolica.info/itinerari/itinerari-valmarecchia-valconca/mulini/mulini-valmarecchia/

sabato 28 novembre 2020

Molino Rachello, un bell'esempio nel mondo molitorio

 


 


 


 

L’anno scorso, di questi tempi, i “canadesi” – invitati dall’Associazione Meridionale Cerealisti – si sono presentati ad Altamura (BA) la capitale del “granaio d’Italia” (con la Sicilia) per un’azione diretta di “pubbliche relazioni” e promuovere così il grano che più di altri vanta  gran qualità… Nell’occasione è uscita la news (che news non è,  perché cosa nota agli addetti ai lavori) che il grano a Manitoba, sia fatto maturare col “doping” (leggi glifosato) comunque al di sotto dei limiti di sicurezza fissati dall’Unione Europea, limiti che (insinuazione?) la UE, ha elevato proprio per consentire a detto grano di essere importato e commercializzato anche in Europa… C’è da considerare il momento di pesante crisi in cui versa il settore del grano duro specie nel Mezzogiorno d’Italia: da 2 anni il prezzo al quintale è di 4-5 euro sotto il costo di produzione, che in quelle zone si attesta intorno ai 22-23 euro circa al quintale - secondo la Cia (Confederazione italiana agricoltori) il prezzo ultimamente si è tenuto stabile sui 27-28 euro al quintale… Ciò vuol dire che un agricoltore (se ha terreno di proprietà) vende il proprio raccolto a 1.050 euro all’ettaro, avendo avuto costi per 850 euro (…).   Speculazione al ribasso che potrebbe addirittura crescere quando le importazioni, che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta, influenzano i prezzi di un mercato non sempre “trasparente”… anche per il grano bulgaro che arriva via mare a Bari (migliaia di tonnellate!) “triangolato” da navi battenti bandiera di Singapore o della Turchia, grano, questo, che con il prezzo e la qualità di quello canadese, proprio non ha niente a che spartire! 
In questo “variegato” contesto, non per fortuna, ma per professionalità e competenze, brilla un nome che è sinonimo di ottima reputazione: Molino Rachello!
Parliamo dell’apice della piramide del grano tenero, con una produzione di oltre 2000 quintali di macinato al giorno ottenuti dalla migliore selezione dei grani e con le più innovative tecnologie di lavorazione e rigorosi controlli qualitativi, che danno vita a farine genuine, sicure e dalle elevate qualità nutrizionali, farine fornite a centinaia di panifici artigianali, pizzerie e industrie alimentari. Questa la cronistoria: gli albori risalgono all’ormai lontano 1855 comprovati da una copia dell'“istromento” - l'atto notarile della compravendita di un terreno - che segna l'avvio dell’attività di Molino Rachello. Un'antica storia di mugnai che, in realtà, ha avuto origine molto anni prima.  Andrea Rachello - 90 anni oggi - rappresenta la quarta generazione, lui affitta un Molino a Cendon di Silea, nella provincia di Treviso e l’anno dopo, i figli, Carlo e Giovanni, decidono di acquistarlo. Dopo 50 anni di attività molitoria, nasce la “Ditta F.lli Rachello s.n.c. di Andrea e Giuseppe Rachello” e l’attività si trasferisce a Musestre di Roncade nel cuore del Parco Naturale del Fiume Sile. Nel 1992 il Molino F.lli Rachello s.a.s. ottiene la certificazione di qualità ISO 9001 (secondo molino del Nord-Est ad ottenerla) e quella per la macinazione di cereali Biologici; alla produzione convenzionale si aggiunge anche la farina biologica (oggi una delle linee fiore all’occhiello dell’azienda). Nel 2006 la capacità produttiva arriva a oltre 2.000 quintali di grano tenero macinato al giorno, con un’altissima qualità di servizio e di prodotto fornita a centinaia di panifici artigianali e di industrie alimentari. Nel 2011 l’installazione di un impianto fotovoltaico da 160Kw/h, permette di ridurre le emissioni di Co2 e nel 2015, il progetto “Oasi Rachello” di filiera tracciata 100% italiana è formalizzato ufficialmente tramite un disciplinare, che dichiara anche la visione aziendale di sostenibilità a 360°, sia dal punto di vista ambientale che socio-economica. Nel 2016 ulteriore ampliamento dell’impianto fotovoltaico a 210Kw/h e nel 2018 l’implementazione di un Progetto Sostenibilità in collaborazione con Assindustria Venetocentro di Treviso, per limitare ancor di più l’impatto ambientale e rendere gli interi processi aziendali sempre più ecosostenibili. Oggi, presso il Molino, la nuova generazione di Rachello, con la passione e l’attenzione per la qualità intatte, tutto è sempre al 100% italiano e  al 100% tracciabile.  I numeri: 3 regioni, 30 aziende agricole, 1 team di agronomi dedicato, 1 progetto di agricoltura sostenibile con disciplinare, certificazione ISO 22005, 10 farine 100% italiane.  Il Molino garantisce una filiera con materia prima di eccellenza grazie al grande rispetto nei confronti del territorio e dell’ambiente, poiché solo da terre, acque ed aria non inquinate possono nascere cereali sani, in grado di dare vita a farine genuine e naturali, rese così adatte alle diverse destinazioni d’uso.  Per questo da sempre il Molino predilige progetti ecosostenibili, selezionando zone agricole in aree naturali o protette - Oasi Rachello -  favorendo gli agricoltori che scelgono coltivazioni biologiche e non OGM e impegnandosi in particolare con coltivatori locali, con i quali fa rete, per prendersi cura del benessere dei clienti.  I maestri dell’Arte Bianca che hanno scelto di affidarsi a dette Oasi, contribuiscono a fornire un prodotto finale di qualità superiore e dalle proprietà uniche e gli agronomi, costantemente presenti, assistono gli agricoltori nell’applicazione del concordato disciplinare di coltivazione per garantire elevati standard. In un momento economicamente difficile, nel settore del grano, ce ne fossero di molini Rachello!
(GfL)

Molino Rachello srl
di Roncade, Via Everardo, 51, 31056 Musestre TV

martedì 24 novembre 2020

LIQUORI D’AUTORE:IL VECCHIO MAGAZZINO DOGANALE A COSENZA

 

 



Milano, 24 Novembre 2020- La visita fatta dalla redazione di Borghi d’Europa da Sbunda, realtà enogastronomica di qualità calabrese certificata a Milano, è stata molto fruttuosa e ha permesso di conoscere alcune aziende della regione ionica che si distinguono per i loro prodotti di livello, che sono un mix tra tradizione e innovazione.

A Montalto Uffugo, nel Cosentino, è nata, grazie all’abilità e all’esperienza di Ivan Trombino, la Società Agricola Rurale Vecchio Magazzino Doganale, che produce diversi liquori di pregevole fattura, tutti caratteristici del territorio, visto che alla base viene fatta una meticolosa selezione delle materie prime.

Tali materie prime sono infatti agrumi ed erbe botaniche, tutte piante autoctone coltivate al Vecchio Magazzino Doganale, dopo che Ivan Trombino scoprì una ricetta scritta per la realizzazione di un amaro dal nonno Egidio, emigrato in cerca di fortuna negli Stati Uniti dalla Calabria via nave.

Tra i liquori rurali del Vecchio Magazzino Doganale spiccano il Jefferson, amaro importante fatto con il bergamotto, le arance amare e dolci, il rosmarino,l’eucalipto e l’origano, poi l’Intervallo, un amaro più da meditazione, combinazione di genziana, maggiorana, galanga, assenzio ed alloro, il Roger, un amaro Bitter Extra Strong, torbido e potente, perfetta sintesi di vari agrumi e botaniche e poi va citato anche il Dopolavoro Aperitivo Amaricante Pronto da Bere, connubio tra tradizione ed innovazione, visto che è composto da infusi estratti di erbe ed infusi di scorze di agrumi calabresi.

Storicità e territorio: Il Vecchio Magazzino Doganale, con i suoi liquori d’autore, verrà ancora comunicato da Borghi d’Europa nei diversi percorsi d’informazione, così come le altre realtà produttive calabresi raccontate nell’ultimo periodo.

 

martedì 3 novembre 2020

Azienda Agricola Alessio Komjanc: ai confini con la Slovenia



 Al termine del mio educational tour in Friuli, ho visitato l’Azienda di Raffaella e Roberto Komjanc che si trova a San Floriano del Collio, non lontano da Gorizia.

La prima cosa che ho notato arrivando è stata la grande cortesia e disponibilità di tutti i componenti dell’Azienda è che ti facevano veramente sentire a casa, preoccupandosi di darti ogni indicazione utile per scoprire il loro meraviglioso territorio: il Collio, un insieme di colline costituite da terreni arenacei marnosi eocenici

La posizione, il clima e la morfologia del terreno hanno favorito fin dai tempi remoti la coltivazione in questo territorio della vite, presente già in epoca pre-romana. Le Prealpi Giulie infatti costituiscono un efficace riparo dai venti freddi di settentrione e la vicinanza della costa adriatica favorisce la persistenza di un microclima mite e temperato, con un’escursione termica tra giorno e notte che garantisce una produzione enoica di qualità.

Qui mi sono soffermato ad assaggiare in particolare il Collio Pinot Bianco DOC 2018 che nell’ultima edizione della Milano Wine Week ha ricevuto da “The WineHunter” il Premio Platinum.

Ha colore giallo paglierino. Il profumo è delicato, e fruttato. Sapore asciutto, pieno, armonico. Un vino sincero, che svela subito le sue doti beverine e che ben si abbina con minestre, risotti ed anche secondi, in particolare di carne bianca. Complimenti.

Infine da ultimo non potevo lasciare il Friuli, questa terra amata da Bacco, senza assaggiare la sua perla più preziosa: il Picolit. Questo vino era già conosciuto ai tempi dei romani e nel corso della storia è stato servito sulle tavole più importanti d’Italia e d’Europa fino a quella dello zar di Russia. Lo stesso Goldoni lo definisce “la gemma enologica più splendente del Friuli”. Quello che ho assaggiato in Azienda era senz’altro pari alla sua fama: di colore giallo dorato, con un profumo intenso e piacevole, che ricorda i fiori di campo ed il miele d’acacia. Il sapore è dolce, giustamente morbido, con un notevole corpo; ampio e vellutato, accarezza piacevolmente il palato, simile ad un nettare.

Le uve, raccolte manualmente, vengono messe per l’appassimento in cassetta per un periodo di 2 mesi. Poi segue la pressatura soffice in pressa pneumatica e la vinificazione tradizionale in bianco, con fermentazione a temperatura controllata e finalmente il vino viene messo in barrique per l’affinamento.

E’ senz’altro un vino da meditazione, che sarebbe da rendere obbligatorio alle Facoltà di Filosofia, ma non disdegna neppure abbinamenti con formaggi stagionati.

Gianluigi Pagano

 


sabato 24 ottobre 2020

Pizzeria Ristorante Gaia da Camino nella Via Europea della Pizza

 


 


La rete dei Borghi Europei del Gusto ha deciso di un creare un percorso dedicato ai temi dei Mulini, delle Vie del Pane e delle Vie della Pizza, tra le grandi iniziative di informazione internazionali del progetto. Il circuito organizza e promuove dei percorsi d’informazione per mettere a confronto idee,

progetti, capaci di seguire il filo logico della valorizzazione rispettosa degli equilibri sociali culturali e ambientali dei territori di riferimento.

Sono previsti incontri e stages di informazione nei territori , per raccontare a giornalisti e comunicatori le storie dei borghi e delle loro culture.

Ogni ‘tappa’ tocca i luoghi, le storie, i protagonisti della filiera agroalimentare.


Così ad Oderzo, è stata visitata in incognito la Pizzeria Ristorante Gaia da Camino.


Il nome del locale rinvia alla storia della comunità. Valente poetessa ( tra le prime in Italia a scrivere in provenzale),Gaia era la figlia di Gherardo III, membro dell'illustre famiglia dei Caminesi. Nell'estate del 1291 risulta già essere moglie del cugino Tolberto III dei Caminesi "di sotto". Il suo patrimonio, già molto cospicuo grazie alla dote ricevuta dal padre, si arricchì ulteriormente con l'acquisto di alcuni mulini dei suoi fratelli localizzati sul Sile (1301) e dalle proprietà di una certa Frixa di Pietro Magninga, nobildonna che l'aveva dichiarata sua erede universale (1302).Il 28 luglio 1309 il doge Pietro Gradenigo ringraziava i coniugi caminesi per il loro contributo nel difendere le terre della diocesi di Eraclea da alcune bande di briganti. L'ultima testimonianza scritta relativa a Gaia è il suo testamento, dettato il 14 agosto 1311 nel castello di Portobuffolé, dove giaceva gravemente malata assistita dal consorte e da un "Petro physico de Prata", medico che andrebbe identificato con un omonimo citato nel 1303 tra i familiari di Rizzardo II da Camino.Morì qualche giorno dopo e fu sepolta a Treviso nella chiesa di San Nicolò. Nella stessa tomba si troverebbero anche i resti della figlia Chiara.

La sua fama, postuma, aumentò dopo essere stata ricordata da Dante nel Purgatorio. Nel canto XVI il Sommo Poeta mette in bocca a Marco Lombardo questa parole, riferite a Gherardo:


«Per altro sopranome io nol conosco,

s'io nol togliessi da sua figlia Gaia.

Dio sia con voi, ché più non vegno vosco.»

(Dante Alighieri)


La visita ci ha dato : ottima scelta di farine d'eccellenza ; impasto accorto, frutto di una lunga lievitazione, quindi pizza digeribilissima ; menù ricco di suggestioni, che spazia dalle pizze tradizionali a quelle più creative ; prodotti di fascia qualitativa alta.

Insomma una pizzeria che merita di essere segnalata, anche per lo stile dei titolari e del personale,improntato su di una cortesia non ingombrante.Da scoprire anche la cucina.”

Stefano e Michela propongono una cucina ispirata ispira alla Tradizione Culinaria del territorio, che si avvale di ingredienti di qualità e freschissimi, garanzia data dalla Stagionalità delle pietanze.



martedì 1 settembre 2020

Al mercoledì, come un tempo, al mercato di Oderzo, per le trippe e il baccalà al ristorante 4 Corone……

 


E’ mercoledì.

Finalmente siamo ritornati al mercato settimanale di Oderzo, certi di poter degustare dalle 8

del mattino, le trippe e il baccalà al ristorante 4 Corone.

Tutta colpa di due fratelli, Andrea e Martina Marchesin, che hanno riaperto a

febbraio il ristorante che ha una storia di oltre cent’anni (inizia del ‘900).

Andrea, in una intervista ad un quotidiano locale, aveva tracciato il programma :

“La promessa è di ammodernare la tradizione. Verrà conservato un menu tipicamente veneto fatto di piatti come trippe, baccalà e fegato alla veneziana, la novità è che la nuova gestione punterà anche sull’aperitivo preparando una serie di cicchetti da accompagnare ai calici che precedono i pasti. «

Ma il 4 Corone è per davvero indissolubilmente legato alla storia della Città.

Come dimenticare la serata del 6 maggio 1976,alle ore 21:00:12 , quando il terremoto del Friuli

scosse intensamente Oderzo : nel tardo pomeriggio il Circolo Quattro Cantoni animato dalla

immensa Gina Roma, aveva ospitato la presentazione del libro Treviso l’Altra , con gli interventi

di Franco Batacchi.Giorgio Dalla Barba e altri intellettuali un po’ irregolari….

La cena al 4 Corone era terminata precipitosamente sotto i tavoli dell’osteria……

Odèrso

cità pa’ schèrso

punto perso

de l’universo

co ‘l Montegan par traverso.

Come dimenticare le pagine profetiche di Ulderico Bernardi, in Una cultura in estinzione.

O l’intervento di Andrea Zanzotto nel libro Treviso l’altra, Conoscere il passato e il presente

per meglio preparare il futuro.

Ecco, tutto questo ci viene in mente, il mercoledì del nostro ritorno.

Ci piace ricordare che Andrea è anche il titolare della Pizzeria Mama, che Martina è

un volto noto nei locali del centro di Oderzo.

Che siano i giovani a rilanciare le tradizioni, pur dando spazio alla propria creatività, è

decisamente una bella sorpresa !

Di più, è un messaggio che , semplicemente, ci rende felici.

sabato 11 luglio 2020

BORGHI D’EUROPA A SAN MARINO,NELLA TERRA DELLA LIBERTA’

Borghi d’Europa ha intervistato il Segretario di Stato per il Turismo, Poste, Cooperazione ed Expo, per analizzare quali siano le opportunità di ripresa delle attività turistiche nella Repubblica.
San Marino - ci ha risposto – è stato uno dei Paesi più toccati dalla pandemia. Tuttavia, come sempre è avvenuto nei momenti tragici della sua storia, grazie all’unità dei cittadini, che hanno seguito ordinatamente le disposizioni della Segreteria di stato per la Sanità, ha saputo fronteggiarla adeguatamente. Per merito poi all’ottima organizzazione sanitaria è stato quindi possibile in relativamente poco tempo divenire un Paese a 0 decessi,0 ricoverati,0 contagi.
Sono quindi certo che in poco tempo il Paese riprenderà il suo appeal turistico, grazie alla sua storia di libertà che dura da più di 1700 anni e alle sue caratteristiche di Paese sicuro, attraente ed ospitale.
Questo grazie anche al nutrito calendario di manifestazioni, prontamente ricalendarizzatte, come “San Marino Comics 2020 (28-29-30 agosto) e la prima edizione di Ace Jazz Festival San Marino (dal 18 luglio al 22 agosto). Saranno eventi “a bassa densità” di pubblico per il distanziamento sociale, ma ad “alta intensità” di interesse grazie ai protagonisti.
Il turismo (che rappresenta il 25% del PIL della Repubblica) certamente ripartirà, grazie alle caratteristiche uniche di questo Paese, che per di più si trova incastonato tra territori italiani bellissimi: la Romagna, le Marche e la Toscana.
Nel 2019 San Marino è anche entrato nella IAI (Iniziativa Adriatico-Jonica).
Borghi d'Europa sviluppa sotto il Patrocinio della IAI e di ESOF202,Trieste Città Europea della Scienza, il progetto 'L'Europa delle Scienze e della Cultura', che darà ampio spazio informativo
alla Repubblica di San Marino.
In particolare sono previsti degli interventi a Trieste, quando si svolgerà ESOF2020.
 
ESOF2020, EuroScience Open Forum, è la più rilevante manifestazione europea focalizzata sul dibattito tra scienza, tecnologia, società e politica. Creato nel 2004 dall’associazione no-profit EuroScience, il forum ogni due anni offre un’opportunità unica di interazione e dibattito tra scienziati, innovatori, politici, imprenditori, operatori della comunicazione e cittadini. Trieste è stata nominata Città Europea della Scienza 2020 e ospiterà la nona edizione di ESOF.
La manifestazione si svolgerà dal 2 al 6 settembre a Trieste, con una missione rinnovata. Se prima della pandemia l’evento rappresentava uno dei principali spazi di confronto multidisciplinare a livello europeo sui cambiamenti della scienza e della tecnologia e sul loro ruolo nella società, gli ultimi mesi di ansie e incertezze generalizzate hanno aggiunto motivazioni forse ancora più profonde. “Nel Porto Vecchio di Trieste ci saranno necessariamente meno relatori fisicamente presenti, molti si collegheranno da remoto”, afferma Stefano Fantoni, uno degli organizzatori, “ma più delle difficoltà organizzative ha prevalso l’urgenza del confronto di fronte a tutto quello che è successo negli ultimi mesi. Mai come in questo momento la comunità scientifica globale”, continua Fantoni, “deve dimostrare di essere all’altezza delle sfide che ci aspettano, a partire dalla ricerca di nuove modalità per continuare a far circolare le idee. La pandemia ha svelato in modo eclatante anche la rilevanza di una condotta etica solida nella diffusione dei risultati della ricerca e quanto lavoro vada fatto per migliorare il dialogo fra scienza e politica, fra esperti e media. ESOF è un evento pensato fin dalle sue origini proprio per favorire questo tipo di confronti. Tenere ESOF2020 subito dopo la riapertura dell’Europa post-Covid è essenziale per discutere tempestivamente del ruolo della ricerca scientifica, dell’expertise e della comunicazione in questo contesto che non ha precedenti”.

Ma per conoscere San Marino non basta studiare la Storia, bisogna vederne i paesaggi unici, ammirare i tesori artistici e degustarne i prodotti gastronomici ed enologici ed infine conoscere la cordialità espansiva (benché frenata per le necessità di distanziamento sociale)e l’ospitalità unica di questa terra”.
Gianluigi Pagano